Alfabetizzare sul web

Pubblicato da Davide, domenica 31 dicembre 2006 Nessun Commento »

Sempre più spesso, quando esco di casa, mi chiedo se la gente con cui parlo di Elisabetta Canalis sappia cosa sia un blog o abbia mai utilizzato Wikipedia. Ogni volta che pubblico un articolo, dal mio editor, mi trovo indeciso sul come affrontare gli argomenti di cui tratto: se rivolgermi ad un pubblico maturo e istruito o all’utente ignaro di essere capitato su un blog, al cliente alla ricerca di un ragazzotto che faccia siti web da poco e alla svelta..

Riprendo quindi la discussione che si è sviluppata sul blog di Marco Camisani Calzolari (tra i miei blogger preferiti), riportando ciò che ho scritto nel commento. Magari può sembrare una inutile replica di informazioni, ma l’argomento mi sta particolarmente a cuore e ci tenevo a farlo apparire pure sulle mie pagine.

Ho un amico che ha comprato il cellulare un anno fa, mi chiama quando ha bisogno di rinnovare l’iscrizione universitaria perchè si fa con internet e lui non ne vuole sapere di usarlo. Eppure è una persona sveglia e attiva, ma sono io che non so spiegarmi quando cerco di fargli capire cosa significa “usare il web” oppure ha ragione lui, il web non serve?
Sinceramente credo che il problema vero non sia promuovere l’utilizzo della rete tramite i media, le tv, i giornali o chi per loro.. Quante volte ci hanno detto di “leggere” eppure i lettori son sempre quelli?
Se vogliamo alfabetizzare il grande pubblico sul web 2.0 l’unico modo è iniziare ad imporlo sul posto di lavoro. L’esempio è davanti ai nostri occhi: i pc iniziarono ad entrare nelle case quando la gente li sperimentò sul lavoro. Se si riesce a convincere un manager che installare una piattaforma di blogging aziendale e un wiki per la gestione dei progetti o del lavoro in team è una buona cosa, allora riusciremo anche a far capire alle masse che cos’è il web 2.0 e come lo si può sfruttare. Altrimenti saranno sempre e solo sfoghi, urla di dolore come questi.
Ovvio che non è tutto così facile, ma a mio parere bisogna partire dalle aziende. Certo che anche la tv dovrebbe fare la sua parte, non siamo così sciocchi da credere che esse non siano influenti.

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